Dieci o dodici bucati prima di disfare l'albero


Poso le valigie nell’ingresso e butto l’occhio all’albero di natale abbandonato. Penso a quanto lontano appare ora il ricordo del giorno in cui ci siamo occupati di montarlo ed addobbarlo (per i bambini.. quante cose si fanno per i bambini… ). Tra poco toccherà metterlo via come ogni anno, che spreco di energie e di tempo ogni volta montare e smontare per quindici giorni. Mi soffermo su questo pensiero e penso invece alle valigie, fare e disfare, anche quelle. E’ Tutto un frenetico costruire e distruggere, perchè tacciare di assurdo un abete natalizio e invece non inveire contro gli spostamenti vacanzieri? Quasi mi vergogno, per la fortuna di essere rientrata intatta, con tutto ciò che avevo alla partenza, inutilità comprese. Penso al destino, penso che volevo partire per le Maldive e poi non c’era posto, eravamo in lista d’attesa e abbiam finito per “ripiegare” sull’Egitto, per la quarta o quinta volta, non ricordo più. Penso che ho goduto sette giorni di tempo splendido, molto più caldo rispetto alla media del periodo, mentre la tv via satellite trasmetteva immagini disastrose. Destino. Fortuna. (Mio padre borbotta dicendo che se si sta a casa certe cose non succedono, non perde occasione di criticare gli spostamenti vacanzieri natalizi, per lui sono “roba da ricchi” e noi dovremmo ricordare le nostre origini ed essere “umili”…. sto zitta, per non dover ricordare a papi il suo amore per la collezione di rolex che lei, sì, è davvero molto molto umile… Mi esce dalla bocca, purtroppo, una frase non meno cattiva che allude all’amica sua coetanea recentemente morta investita da un’auto in pieno centro, durante gli acquisti natalizi. Non sa più come ribattere. Forse sta silenziosamente diventando fatalista anche lui.)


Osservo il presepe e i Re Magi in fila, così come li ha lasciati mio figlio prima di partire. E’ stata una lotta continua, come una bambina continuavo a rimettere le statuine in posizione originale a mio gusto personale, e ogni volta che mio figlio passava rimetteva i tre dromedari e i tre re in fila per uno. Sparsi, in fila, sparsi in fila. Così per quindici giorni. E poi ero io che mi lamentavo del natale, dei suo stupidi riti, degli obblighi ai regali e tutto il resto. Una che fa la figa borbottando che odia le feste comandate e che vuole solo scappare per estraniarsene… poi si diverte come una bambina con le belle statuine. Il tre gennaio è tutto passato e io sto bene. Bene, benissimo! Sono felice, anche se ho ricominciato ad alzarmi alle sei e mezzo di mattina e fino ad agosto sarà così…. Conto alla rovescia? Naaaa….. Non importa…. Non ancora. Riprendo le fila delle solite abitudini con spirito nuovo. Con atteggiamento sereno, grato alla vita. Mi accorgo di essere fortunata. “Non c’è niente che ho bisogno” storpiava Jovanotti qualche annetto fa. E con questo spirito inizio a stilare l’elenco dei miei propositi per il 2005. Fulmineo mi torna alla mente l’augurio più bello ricevuto: “più felicità e meno racconti”. Già, perchè chissà com’è e come non è, scrivere mi tira sempre fuori il peggio, la rabbia, l’invidia, la tristezza soprattutto. Uno sputo di veleno fuori del corpo, passando attaverso le dita e una tastiera. Più felicità, meno parole. Vita, quella vera che ho sempre avuto e di cui oggi sembra mi accorga per la prima volta. Un 2005 di azioni intense, tenere, lente da assaporare, palpabili, odorose. Sui fogli di word, solo ricordi, però senza affezionarcisi troppo. Quel che conta sta dentro di noi, come mi ha detto qualcuno quando stavo per mettermi a piangere per aver perso il contenuto di una casella di posta a cui ero molto affezionata (35 giorni senza accedere.. brutta troia di una supereva).


E’ questo, che voglio da me e per me, ho deciso. Ora, vado a disfare le valigie e a metter su dieci/dodici bucati.

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